Il metodo TECI – I risultati nella struttura

Il metodo TECI Irisultati nella struttura Il metodo TECI Irisultati nella struttura

In occasione del VII° congresso regionale Anaste Calabria, la Residenza Sanitaria Assistenziale “Santa Maria del Monte” e Casa Protetta “San Domenico” gestite dal Centro Medico A. Fleming, sono state coinvolte in un Progetto di approccio comunicativo al paziente affetto da demenza.

Per il Centro Medico Fleming è stato predisposto l’utilizzo della tecnica T.E.C.I., acronimo di Tecnica Espressivo Corporea Integrata che ha come obiettivo principale l’elaborazione di contatti corporei che possano creare ponti di comprensione e di comunicazione con le persone affette da demenza. Tale tecnica è attualmente utilizzata presso il centro diurno ALPADE dalla Dott.ssa Elena Sodano, presidente di Ra.Gi. Onlus, psicologa, terapeuta psico-corporea ed ideatrice del metodo.
Abbiamo voluto testare gli aspetti legati all’attuale approccio con i nostri pazienti somministrando a tutti gli operatori un questionario per rilevarne criticità e positività sulle quali successivamente poter intervenire. Hanno partecipato a questo lavoro circa l’80% degli operatori, di questi il 45% OSS, il 18% infermieri, l’8% educatori e naturalmente il medico, le assistenti sociali, le fisioterapiste. Gli intervistati hanno scelto di lavorare all’interno della struttura per passione personale (60%). Il 71% degli intervistati quanto parla con un paziente seduto in carrozzina si abbassa al suo livello, e nel momento in cui un ospite manifesta rabbia ed aggressività il 47% degli operatori sente un misto di impotenza e rabbia non come ira ma come frustrazione per non poterlo aiutare. Il 29% non si chiede come starebbe al posto del paziente o come reagirebbe, il 60% si.
Per il 66% il proprio lavoro rappresenta un’immersione sociale, emozionale e fisica che va oltre l’assistenza e si prende cura del paziente con empatia. Gli operatori si approcciano al paziente demente come con gli altri pazienti, il 91% si sente sufficientemente preparato nel prendersi cura di una persona con malattia di Alzheimer o altre demenze, ed ha le conoscenze di base richieste per dare una buona assistenza.
Alla domanda: “Cosa pensa delle persone con la malattia di Alzheimer o altre demenze?” il 56% non ha risposto, il 7% pensa che siano persone con le quali non si riesce a comunicare; il 9% che siano malati come gli altri ed il 28% che non ci siano gli strumenti socio-psico-educativi per riuscire a comprenderli.
Il 54% ritiene di avere sufficiente sicurezza di se stesso per difendere adeguatamente le persone con demenza affidate alle loro cure, mentre il 73% ritiene di mettersi abbastanza in gioco nella relazione con il paziente.
Alla domanda su quale fosse lo strumento educativo usato maggiormente il 36% non ha dato alcuna risposta, l’11% attività sociali, il 5% attività immagini visive e grafico pittoriche, il 6% attività cognitive, l’11% stimolazioni senso tattili e visuo spaziali, il 6% attività dinamiche, il 17% altro. L’82% ha cercato di entrare in relazione con il paziente attraverso il movimento corporeo, ed il 50% ha utilizzato il suo corpo come strumento protesico. Il 90% non prova ribrezzo a stare a contatto con una persona anziana, ad accarezzarla, a stabilire un contatto oculare. Il 66% ha realizzato una stimolazione epidermica ai pazienti e il 76% è a conoscenza

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che le persone con malattia di Alzheimer o altre demenze possono essere facilmente comprensibili attraverso la simbologia dei gesti. Il 66% ha sentito parlare degli approcci corporei come strumenti terapeutici ed affettivo relazionali, ed il 71% crede di non aver limite riguardo a tale approccio anche se al 76% piacerebbe avere una formazione in tal senso.
Tutti gli operatori lavorano con empatia e mettendo il paziente al centro del processo assistenziale, ognuno per le proprie competenze, come persona nella sua totalità ed individualità, in quanto ogni persona è testimone di se stessa, ognuno ha un suo vissuto, una sua storia.
Ma un dato rilevato che fa riflettere è che il 45% degli intervistati si sente potenzialmente a rischio Burn out, sindrome di esaurimento emotivo che può manifestarsi nelle professioni con implicazioni relazionali forti. I dementi fanno confusione con le parole, ma non con le emozioni, con i sentimenti, con le sensazioni e le percezioni, ed è proprio lì che dobbiamo intervenire per il mantenimento delle capacità residue e dei ricordi.

Carmela Pisano

Assistente Sociale RSA Santa Maria del Monte di Petrizzi

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